Corriere della Sera / di Diana Cavalcoli
Un impegno, messo nero su bianco, da parte di imprenditori e imprese per dare «più forza e visibilità all’urgenza di procedere verso un mondo più pulito e con meno diseguaglianze». Nella prima giornata del Festival della Green Economy di Parma, promosso da ItalyPost con Fondazione Symbola e il Corriere, è stato presentato e siglato il «Manifesto delle mille imprese green». Un documento che ribadisce come la svolta verde debba essere trasversale a tutte le filiere del Made in Italy: dalla moda all’agroalimentare, passando per la logistica e l’automotive.
Il manifesto vede così le imprese firmatarie in prima fila rispetto al target europeo di azzerare le emissioni di Co2 entro il 2050. Tra le realtà che hanno siglato il manifesto troviamo FederItaly, Astoria, Pqe, Davines, Scarpa, Fiorentini, LIC Packaging, Microtecnica, Tecnoform, Daniela Dallavalle, Bellini, Eternedile, Metlac, Manifattura Valcismon, Manteco, Crocco, Lanificio e Canapificio Nazionale, Cielo e terra, Agugiaro e Figna Molini, Arblu, Zordan, Guidetti e Panguaneta. Aziende che lavoreranno per ridurre le emissioni investendo in energie rinnovabili e per riprogettare i prodotti così da renderli a basso impatto climatico.
Nella prima giornata — aperta dal vicedirettore del Corriere Daniele Manca — il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Bruno Tabacci, incalzato sui temi della geopolitica e della crisi energetica, ha ricordato l’importanza del sistema europeo per uscire dall’emergenza. «Dobbiamo — dice — creare le condizioni per la crescita anche attraverso la transizione ecologica. La politica energetica non può però che essere europea. Non può essere nazionale e tantomeno regionale. Il tema delle autorizzazioni per le rinnovabili bloccate a livello regionale è un problema, un assetto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza punta a superare». Anche per Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, occorre ragionare in ottica di sistema soprattutto considerando che la sostenibilità è un fattore di competitività. Dice: «Le aziende che investono in sostenibilità performano meglio delle altre. Parliamo di circa un terzo delle imprese italiane che si collocano tra quelle che innovano di più, esportano di più, producono più posti stabili». Un grosso aiuto nella svolta green può quindi arrivare dalle imprese che sono in grado, secondo il presidente, di unire innovazione, bellezza ed efficienza.
Su quest’ultimo punto dice Gianni Vittorio Armani, ceo di Iren: «Abbiamo gli strumenti per uscire dalla crisi energetica. Penso alle rinnovabili ma anche ai rifiuti.Già oggi è possibile gestire l’umido con impianto moderni e creare biogas. Solo dall’umido urbano si può arrivare a una riduzione del 5% del consumo di gas tradizionale in Italia». Ma anche le banche possono fare la loro parte come emerso dall’intervento di Roberto Ghisellini, condirettore generale Crédit Agricole Italia. «Le banche – spiega – possono giocare un ruolo di acceleratore nella gestione della transizione ecologica. Bisogna però specializzarsi, conoscere le filiere, accompagnare le aziende nella trasformazione dato che oggi il pricing del credito è già legato ai parametri di sostenibilità».