Gazzetta di Parma / di Giovanna Pavesi
Se la transizione ecologica impone un cambiamento dei paradigmi industriali, la diretta conseguenza è la necessità di nuove professionalità «green».
Ieri mattina, nella sala convegni di Palazzo Soragna, Gino Gandolfi, presidente di Fiere di Parma e Le Village by Crédit Agricole Parma, Franco Mosconi, docente di Economia industriale nell’ateneo cittadino, Riccardo Binotto, global Hr director Sirmax Group, Alberto Brugnoli, partner e managing director Strategy Innovation e Guido Chiogna, Hse and Sustainability director Metlac, si sono confrontati sui «green jobs: le professionalità che servono per le fabbriche del futuro», in uno dei panel organizzati in occasione della Greenweek Festival della Green Economy.
Moderati da Marco Madonia, giornalista del Corriere di Bologna, i cinque ospiti hanno risposto ad altrettante domande, partendo da una definizione di «lavoro verde».
«Le cose importanti hanno bisogno di essere studiate, approfondite e di tanta riflessione: se noi oggi, come 20 anni fa con Internet, facciamo mille convegni al giorno sulla sostenibilità, dove lo troviamo il tempo per riflettere? L’economia, che è una scienza sociale, non ha la bacchetta magica e non è come la fisica che fornisce risposte certe ai fenomeni del mondo. Sui lavori verdi ciò che conta è porsi la domanda giusta, poi altre scienze daranno la risposta. Qual è la domanda giusta? Servirà una preparazione specialistica o una cultura generale alla sostenibilità? Dopo che il sistema scolastico ci ha insegnato a scrivere e a far di conto sarà necessario un sistema che educhi anche a questo – ha detto Mosconi, che ha citato anche l’enciclica di papa Francesco -? Per la casa comune servono tanti mestieri verdi, dai più umili ai più nobili».
Nel suo intervento, Gandolfi, invece, ha descritto il concetto che sta alla base de Le Village di Parma, «che non è solo un incubatore, ma un ecosistema aperto»: «Poggia su tre pilastri, cioè startup, aziende e università, e ha come architrave il Crédit Agricole. Nato nel 2019 e parte di una rete che conta 43 Village a livello mondiale, con più di 1.200 startup accompagnate e oltre 700 aziende partner, si è già imposto come punto di riferimento per l’innovazione a livello e regionale e non solo, grazie al coinvolgimento di 45 startup, 28 abilitatori e 21 partner. È una fucina di opportunità che, grazie alle sue caratteristiche, ha fatto registrare, dal 2020 al 2021, un incremento (per le startup) del +25%, sia a livello di fatturato, sia di collaboratori e che ora è proiettato verso programmi di scouting a livello internazionale».