Si è tenuta a Parma, un’altra città media nodo di reti, la Green Week della sostenibilità. Sempre più ecologia fa rima con eventologia in quel nobile tentativo di rendere la transizione che ci aspetta “socialmente condivisa”. Festival con grandi nomi e con il protagonismo dei giovani. Ma con i piedi piantati in quella terra emiliana dove agricoltura ed imprese, sono chiamate a fare green economy per limitare e cambiare la cappa Padana che non fa vedere il cielo. Per questo si cercano tracce, con e dentro le imprese di un umanesimo industriale. Parola antica che la retorica del moderno declina con metodologie da responsabilità sociale d’impresa sino alle imprese benefit con tanto di campagne pubblicitarie che più green non si può. Basterà? Nell’epoca stridente tra l’umano e il disumano dell’antropocene e delle guerre a nord ed a sud dell’Europa? Le imprese sono lì, in mezzo alla crisi ecologica ed alla guerra a pezzi. Tematiche da filosofia della storia che rimandano a quando nella Repubblica di Weimar si ebbe l’ardire di mettere in costituzione “La proprietà obbliga” rivolta alle imprese. Tematica weberiana che nel nostro salto d’epoca andrebbe declinata con “L’innovazione obbliga” dandoci speranza nell’umano destino che innovazione e tecnica renderanno possibile, sostenibilità economica e sostenibilità sociale. Devo dire che dalle terre emiliane, nella “valle dei motori” in metamorfosi ibrida verso l’elettrico, sono venuti avanti esempi emblematici che tracciano percorsi innovativi nella catena del valore dentro le imprese sui tempi del lavoro come alla Dallara ed alla Lamborghini…Che interrogano anche gruppi come Luxottica e banche come Intesa. Ma è seguendo la ragnatela del valore che si dispiega oltre le mura che appare il ruolo dell’impresa in mezzo tra green economy e green society per la sostenibilità sociale. Ragnatela che non è solo logistica o reti lunghe delle imprese, che si intreccia con le economie fondamentali della riproduzione sociale come l’inverno demografico, la mutazione dell’antropologia del lavoro, il tema della casa, della qualità della vita, delle migrazioni…Diventa nodale la rete dei servizi che producono coesione sostenibile e credo non bastino i pregevoli casi diffusi e raccontati a Parma di welfare aziendale. La Via Emilia è un laboratorio del possibile se andando oltre le mura ne leggiamo le piattaforme territoriali. Partendo dalle terre alte dell’Appennino dove, Confcooperative e Legacoop definendoli territori generativi Elio Pezzi, e Venturi e Miccolis (Aiicon) economie di luogo, raccontano le esperienze di cooperative di comunità per manutenere ed abitare il margine che è centro ecologico. Poi giù lungo Il bacino del Po, a cui è stato dedicato un seminario importante essendo risorsa idrica per la food valley di una piattaforma agricola intensiva che non è solo Parmigiano Reggiano. Seguendolo ci si trova a raccontare non solo la motor valley già citata, ma quella piattaforma manifatturiera di medie imprese eccellenti che arrancano trainando la filiera del capitalismo molecolare, tutti in metamorfosi ecologica. Così come le città in rigenerazione urbana da Piacenza a Bologna citando la prima per la logistica che ha raddoppiato abitanti nei comuni di cintura e la metropoli della piattaforma digitale dei mega calcolatori che si interroga sull’abitare previsto di migliaia di tecnici del calcolo in arrivo. Con le reti delle università fondamentali per innovazione e conoscenza che attraggono studenti-residenti. Tema non solo dei poli alti, ma di tutte le città distretto non solo della manifattura, ma delle piattaforme del commercio in desertificazione selettiva per la gentrificazione dei centri storici con meno negozi e più bar e ristoranti. In quel mutare della piattaforma turistica delle città e del territorio dalla Via Emilia al mare dove arriva il Po e dov’è non solo turismo delle spiagge il trivellare l’Adriatico. Scomposte e ricomposte queste sei piattaforme ci dicono, a proposito di sostenibilità economica e sostenibilità sociale, che senza una nuova coesione sociale, senza una piattaforma sociale che faccia della transizione ecologica un percorso socialmente condiviso, non basta il racconto delle eccellenze della sostenibilità. Queste ci dicono come sono arrivate a toccare il tetto di cristallo della crisi ecologica che nel caso della via Emilia è poco cristallino, anzi, tende al grigio fumo del cielo Padano.
Gazzetta di Parma
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