Corriere della Sera -

Colaninno: «L’industria? Torni al centro dell’Europa»

 

 

 

 

Al Green week festival: «L’Ue è stata troppo radicale, ascoltare le aziende»

Malgrado l’effetto Trump si sia fatto sentire e abbia spinto molte aziende e gran parte del mondo della finanza americano a fare marcia indietro sull’agenda green, per le imprese italiane che in questi anni hanno investito sulla transizione la via della green economy non è superata, né da abbandonare. L’Europa però deve avere un approccio pragmatico e mettere al centro di questo cambiamento l’industria. E questo il messaggio che arriva dagli imprenditori intervenuti ieri all’apertura del Festival della green economy di Parma, promosso da ItalyPost e L’Economia del Corriere.
«Il problema è che su certi comparti la politica europea non si è limitata a indicare delle politiche industriali, ma ha orientato un processo verso una tecnologia monodirezionale, come nel caso dell’elettrico, e ha commesso un errore», ha detto il presidente di Piaggio Matteo Colaninno. «Quando parliamo di sostenibilità la prima regola è che i target siano sostenibili, perché se ci diamo obiettivi che creano milioni di disoccupati rischiamo di commettere errori imperdonabili». «L’approccio dell’Europa è stato troppo radicale dal punto di vista normativo», secondo Annalisa Sassi, presidente di Confindustria Emilia-Romagna. «L’idea di mettere 15 miliardi di multe, per le emissioni di CO2, a un settore come quello dell’auto, che deve riconvertirsi, è un esempio di questo eccesso». «L’industria è stata poco ascoltata», ha ammesso l’eurodeputato Pd Stefano Bonaccini, citando il caso del Distretto di Sassuolo, uno dei due distretti della ceramica più importanti d’Europa insieme a quello di Valencia. «Il distretto sassuolese ha ridotto del 50% le emissioni negli ultimi vent’anni, nessuno al mondo ha fatto quanto loro. Ma il nuovo obiettivo di riduzione al 2030, se non si trova un equilibrio, rischia di spingere alcune imprese ad andare a produrre in Turchia, India, Cina o negli Usa dove quelle regole non ci sono».

Il Clean industrial deal, che mobiliterà 100 miliardi di euro per sostenere una produzione industriale sostenibile sia da un punto di vista ambientale che sociale, rappresenta un cambio di passo. E un segnale che la Commissione sta cercando di correggere alcuni eccessi del passato, come ha sottolineato il vicedirettore del Corriere Daniele Manca. «La guerra commerciale lanciata da Trump sta generando grande incertezza. Ma anche in questa situazione abbiamo grosse opportunità come europei, a patto che si facciano quelle riforme indicate dal piano Draghi».

Giampiero Maioli, ad di Crédit Agricole Italia, ha posto l’accento sul diverso approccio alla finanza green che stanno avendo le banche europee rispetto a quelle americane, che sono passate dal dire che il capitalismo doveva essere inclusivo per generare profitti a cancellare le loro politiche Esg all’indomani della vittoria di Trump. «Le banche europee hanno una loro autonomia di pensiero su questo», ha evidenziato Maioli, ricordando che Crédit Agricole Italia ha erogato più di 1,9 miliardi di finanziamenti per progetti di sostenibilità. Sostenibilità che per le imprese rappresenta ancora un fattore competitivo, come hanno confermato Mauro Fanin, presidente di Cereal Docks, e Antonio Copercini, chief supply chain officer di Barilla, che ha posto l’accento sui benefici che le aziende possono trarre da una gestione responsabile delle loro catene di fornitura.

Finanza green e Esg

Maioli (Agricole):
«Le banche europee hanno autonomia di pensiero»

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