Gazzetta di Parma / di Luca Pelagatti
Veniamo dopo l’Uruguay e prima del Kosovo, al 31esimo posto. No, non stiamo parlando del ranking di qualche sport non troppo di moda. Questo risultato, non certo entusiasmante, riguarda invece un aspetto fondamentale della nostra vita: la felicità. E il dettaglio che rende il tutto ancora più amaro è che abbiamo perse parecchie posizioni.
Di questo, e molto altro si è parlato ieri pomeriggio nel Davines Village dove, nell’ambito del «Greenweek», il
Festival della Green economy si è cercato di capire come stia cambiando il nostro mondo e il modo di vivere in relazione al World Happines Report, ovvero lo studio che trasforma in classifica e diagramma il bene più impalpabile e prezioso: la felicità. A confrontarsi, davanti ad una platea di studenti arrivati dalle università di tutta Italia, il professore e autore del rapporto Lara B. Aknin, Nadia Paleari, leader giovanile delle Nazioni Unite e ambasciatore del Patto Europeo per il Clima, il presidente di Davines Group, Davide Bollati e Jeffrey D. Sachs, economista e saggista statunitense, già direttore dell’Earth Institute alla Columbia University e inserito tra i cento uomini più influenti al mondo. Partendo dal tema della felicità si è ribadito come il semplice PIl non basti a garantire all’homo sapiens il benessere: «Non bisogna dividersi – ha sottolineato Sachs, che ha invocato il confronto per sanare i conflitti ricordando come – i greci credessero che la felicita fosse una abilità che andava coltivata, allenata come in una gara». Uno sforzo che, come detto, non può più basarsi solo sul PIL ma richiede altri valori come ha aggiunto Bollati sottolineando che le «aziende che avranno un futuro sono quelle che non inseguono
solo il profitto ma che sono connesse alla collettività, sono più generose verso le loro comunità e più rispettose dell’ambiente».
Ed ecco allora che per parlare di felicità serve ribaltare il paradigma: «Prima si diceva: l’ecologia è ok finché non disturba l’economia, Ora occorre affermare il contrario». Un cambiamento che secondo Sachs richiede uno sforzo comune: «Prima della caduta del Muro prendevano in giro i sovietici per i loro leader così anziani ma è un problema che riguarda anche noi: come si può cambiare la mentalità di un leader di 80 anni? Ecco perché servono i giovani che hanno più cultura e attenzione per il clima. Ora servono, certamente, scienza e tecnologia ma soprattutto una buona classe media per evitare che il mondo sia diviso tra ricchi e poveri e consuetudini sane. Rivolgersi solo al PIL è sbagliato: come diceva Kennedy questo valuta solo violenza, napalm e proteste mentre non tiene conto di ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Fare un mondo migliore è invece ciò che la rende interessante e divertente». E forse è questo di cui parliamo quando parliamo di felicità.