Corriere della Sera -

«Parma capitale della sostenibilità. Un piano da cinque miliardi»

Per accelerare sul fronte della sostenibilità bisogna fare sistema. Il «contratto climatico» della città di Parma, frutto del lavoro di squadra tra istituzioni, imprese, associazioni e aziende, ne è la prova. Il piano per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030 vale oltre 5 miliardi. «L’obiettivo è chiaro e tutti i 46 sottoscrittori stanno già mettendo in campo una serie di azioni per raggiungerlo», ha spiegato il sindaco di Parma, Michele Guerra, durante l’evento di apertura della Green Week. «La sostenibilità deve diventare conveniente per essere attrattiva — ha aggiunto —. Lo scorso anno il Comune è riuscito a ridurre i consumi di energia elettrica e termica del 25%, risparmiando un milione e mezzo di euro di bollette».

Il cambiamentoA scommettere su questo cambiamento sono tutti gli attori del territorio. «Il mondo delle imprese è fortemente coinvolto nella sfida, ma bisogna cominciare a capire dove si sta chiedendo troppo. Le pmi fanno più fatica a investire in innovazione, bisogna aiutarle a raggiungere questi obiettivi», ha sottolineato Gabriele Buia, presidente dell’Unione parmense degli industriali. Su questo le banche possono dare un contributo decisivo, come ha confermato Giampiero Maioli, ceo di Crédit Agricole Italia. Il piano Transizione 5.0, con una dotazione di 4 miliardi, per aiutare le imprese, in particolare quelle più piccole, a realizzare progetti di transizione ecologica e digitale, potrebbe dare un’ulteriore accelerazione ma, come ha ricordato il vicedirettore del Corriere della Sera Daniele Manca, non è ancora stato attuato. La sfida è far sì che la transizione sia sostenibile anche da un punto di vista economico. Aspetto di cui non si tiene conto a sufficienza nel Green Deal Ue, secondo il presidente del gruppo Feralpi Giuseppe Pasini, con il rischio di perdere «il sistema manifatturiero che ha fatto forte l’Italia e l’Europa» e la competizione con Cina e Stati Uniti. Quando c’era bisogno di far sentir la propria voce a Bruxelles, però, l’Italia spesso si è mossa tardi, e non solo per colpa dei decisori politici. «Finora come sistema confindustriale non siamo stati capaci di parlare ai tavoli nei tempi giusti», dice Alessandro Chiesi, presidente del gruppo Chiesi e di «Parma, io ci sto!», che ha ricordato l’iniziativa Transition Farm, che vede coinvolta l’Università di Parma, attivata sul territorio per formare i giovani sulla sostenibilità e dotare le aziende di un sistema di misurazione dei propri risultati.

I giovaniSulla necessità di portare nuovi saperi alle imprese si è soffermata anche Fulvia Bacchi, direttore generale Unic concerie italiane. Attrarre giovani è cruciale e chi innova di più riesce a farlo più facilmente, ha ribadito Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola. Nella manifattura il 40% delle imprese ha già imboccato la strada della sostenibilità. Anche nel settore agroalimentare il tema è sempre più presente, come ha confermato il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli. La crescita della green economy è un trend irreversibile e la direzione tracciata dall’Ue è quella giusta, secondo Filippo Zuppichin, ad di Piovan Group, uno dei principali produttori a livello mondiale di sistemi di automazione per l’industria della plastica e alimentare. Le città e le imprese possono diventare motore del cambiamento, secondo Monica Araya, executive director International European Climate Foundation. A patto che riescano a convincere i loro interlocutori, dentro e fuori dai confini Ue, che ne vale la pena.

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