Sempre più aziende stanno adottando una prospettiva Esg. «Dietro questi tre concetti, ambiente, sociale e governance, c’è il distillato di cosa deve fare un’azienda per affrontare le sfide di oggi e costruire una struttura di impresa capace di disegnare i propri processi produttivi in modo da risparmiare energia, materie prime e proteggere l’ambiente, investire sulle proprie persone e sul territorio e dotarsi di strumenti di gestione che garantiscano flessibilità e capacità adattativa. E i dati ci dicono che due terzi degli imprenditori hanno iniziato a vedere vantaggi economici nell’applicazione di questi tre fattori nel core dell’azienda», spiega Elio Catania presidente di Innovatec, ospite della seconda giornata della Green Week di Parma, il festival della green economy, promosso da ItalyPost con Fondazione Symbola e il Corriere.
«Le imprese iniziano a guardare a questo tema non come un costo ma come un investimento, perché si sono rese conto che la sostenibilità crea valore e fa aumentare il profitto», conferma Francesco Perrini, prorettore alla Sostenibilità dell’Università Bocconi. La spinta della politica su questo tema, in tempo di elezioni in Europa e negli Stati Uniti e di grande incertezza geopolitica, sembra rallentare. Nel contesto americano, in particolare, c’è una sorta di «Esg populism» che si sta diffondendo tra i Repubblicani, fino ad arrivare al caso limite del New Hampshire dove hanno presentato una proposta di legge per far diventare reato l’investimento green. «Questo fa sì che alcuni soggetti, come Blackrock, dopo aver insistito molto sul tema sostenibilità, abbiano deciso di uscire dalla Net Zero banking alliance (l’iniziativa promossa dalle Nazioni Unite che ha l’obiettivo di accelerare la transizione sostenibile del settore bancario, ndr). Però a fronte di tre o quattro uscite ci sono stati 60 nuovi ingressi. Questo ci dice gli investitori che fanno sostenibilità continuano a crescere, malgrado alcuni tentativi di retromarcia», continua Perrini. Oggi rappresentano il 30-34% del mercato, ma secondo le stime entro il 2030 saranno il 70%. Questo significa che tra sei anni un’azienda non sostenibile potrà essere finanziata solo dal 30% degli investitori. Quelle green dall’’intero mercato. Alla finanza viene chiesto di fare da volàno per accelerare la transizione. «In questo contesto la banca deve mantenere una visione equilibrata e accompagnare le imprese verso la sostenibilità, inquadrando l’azienda in un ecosistema nel quale opera — aggiunge Marco Perocchi, responsabile Direzione Banca d’Impresa Crédit Agricole Italia —. Allo stesso tempo gli imprenditori, dal loro osservatorio privilegiato sui consumatori, si stanno sempre di più rendendo conto delle opportunità che risiedono dietro questa sfida degli obiettivi Esg».
Nonostante questo, molti continuano a vederlo come un tema di compliance, evidenziano Stefania Petruccioli e Alessandro Damiano di 21 Invest, il gruppo di investimento europeo fondato da Alessandro Benetton. Una delle difficoltà è misurazione la performance Esg delle imprese: solo in Europa ci sono 160 scoring diversi. La buona notizia è che da quest’anno ci sono degli standard europei obbligatori per la rendicontazione della sostenibilità a cui si stanno allineando anche Stati Uniti e Cina. «Da 5 anni la Cina sta studiando gli standard Ue e dal prossimo anno le quotate cinesi dovranno seguire un sistema analogo — conclude Perrini —. Questo allineamento consentirà di fare dei confronti nel tempo e nello spazio. Cosa che è oggi è difficilissima».